Il seguente racconto si trova una fase avanzata del romanzo. Se desideri non avere spoiler, ti sconsiglio di continuare nella lettura.
E venne una delle annate più fredde della storia. Disperato, un uomo si recò alla torre Tiferet, la sephira delle Stagioni. Il suo orto era freddo e ghiacciato nonostante ormai fossimo nel mese di Adar.
Sua moglie era stata trovata senza vita sulla via che andava al villaggio e l’uomo era rimasto solo. Non aveva figli né più alcun parente in vita e, senza più legami con la sua terra, l’abbandonò, iniziando a viaggiare senza meta. Un giorno, un vecchio saggio gli parlò della bontà di Qadmon e l’uomo decise raggiungere le sephiroth di Azilut. Si sentiva in colpa per aver lasciato morire la moglie da sola, al freddo. Viaggiò a lungo nella speranza di essere ricevuto da Qadmon, per poter rivedere per un’ultima volta la sua amata e chiederle scusa, ma Noah, il messaggero ritenne giusto mandarlo dalle Stagioni. Sperava che quel contadino fosse in grado di far provare loro pietà le convincesse a
terminare il gelo. In cambio, Noah avrebbe convinto il
fratello a dargli ciò che desiderava come pagamento.
L’uomo errante salì le cento scale dell’anno e raggiunse il primo sacerdote, ma l’aharon si rifiutò di farlo entrare.
«Le Sacre Stagioni si rifiutano di darti udienza. Non reputano di dover nulla agli umani.»
Inutili furono le continue insistenze del contadino, l’aharon rimase risoluto. Il contadino venne preso da un impeto d’ira e colpì il prescelto, uccidendolo con il suo pugnale. Le Stagioni si infuriarono e, scordato cosa ebbe causato il loro litigio, punirono il contadino a non essere
mai ricordato.
E così anche la morte lo dimenticò.
Nonostante avesse raggiunto lo scopo di placare le Stagioni, per un solo sbaglio, l’uomo errante è ora costretto a viaggiare in tutta Cabbal, dimentico da chiunque e non in grado di fermarsi per troppo tempo nello stesso posto, fino alla fine dei tempi.