Favole d’Amore Oscuro
Gotico
Il racconto ha partecipato all’iniziativa del Raynor’s Hall. Rispetto a quella versione (che potete trovare qui), è stato revisionato.
Tema: Lupo
Il fracasso prodotto dall’acqua le era di sollievo: copriva anche i suoi stessi pensieri, rigettando nell’oblio le insistenze dei suoi pretendenti. Non avrebbe mai permesso che uno di quei ragazzi violenti e zotici le si avvicinasse. Quel piccolo rifugio, dietro il muro d’acqua, le permetteva di nascondersi finché non sopraggiungeva la notte. A quel punto tornava a casa con le erbe raccolte nei boschi, così da evitare gli sguardi guardinghi degli abitanti. Studiava da guaritrice da un vecchio erborista che l’aveva presa in simpatia, ma sognava di andarsene, di fare la curatrice itinerante.
Quando pensò che il sole fosse tramontato da abbastanza tempo, uscì dal suo nascondiglio e solo allora lo vide. Un ragazzo alto e con i capelli neri raccolti, osservava qualcosa in mezzo agli alberi. Nonostante fosse muscoloso, gli abiti gli cascavano larghi, come se non fossero suoi. Cercò di riconoscerlo, ma invano. Non era uno di quelli che le facevano visita regolarmente.
«Vi siete perso?»
Il ragazzo si voltò. «No. Vivo da queste parti. Non mi hai mai visto?»
La ragazza si sorprese, perché avrebbe dovuto conoscerlo?
Lui sorrise di fronte alla sua espressione. «Il pomeriggio sul tardi ti inoltri nel bosco e cerchi le erbe, ti rintani dietro la cascata e col buio torni a casa.»
La ragazza si mise in allarme. «Mi seguite?»
«No. Vengo qui da quando sono bambino, la notte. Ti ho vista molte volte, ma tu non hai mai visto me.»
«Ma se vivi al villaggio…»
«Non ci sono mai andato al villaggio. Nel bosco c’è una vecchia villa, io abito lì. So procurarmi il cibo da solo, quindi non ho necessità di entrare nella civiltà, né tanto meno la voglia.»
«La vecchia villa? Davvero vivete lì? Pensavo fosse disabitata.»
«Di certo non è in buone condizioni, ma cerco di tenerla in piedi. Era la casa dei miei genitori.»
«Non avete paura a vivere nel bosco? Dicono che spiriti malvagi lottino tra loro nascosti tra le fronde, per questo non ci sono i lupi.»
Gli occhi di quel ragazzo si intristirono, sembrò che quasi tutta la natura si fosse ammutolita al suo dolore. «L’unica lotta fu quella che vide la morte di una donna per mano di un uomo rabbioso, i lupi semplicemente portano ancora il cordoglio della battaglia in cui persero il loro capo.»
La ragazza rimase a guardarlo allibita, desiderosa che continuasse il racconto.
Lui, però, si voltò, diretto verso il bosco. «È tardi, dovresti tornare.»
Dispiaciuta di aver recato dolore a quel ragazzo gentile, annuì. Lui sparì dietro ai tronchi, ingoiato dai rami della foresta.
Il giorno seguente chiese agli abitanti del villaggio, ma nessuno sembrava conoscerlo. Il pomeriggio tornò sul fiume e cercò attentamente. Lo vide con le gambe immerse nel fiume, con abiti diversi. «Sei tornata.»
Le parlò diretta, quasi come se fosse un ordine. «Mostrami la villa.»
E così lui fece. La condusse tra gli alberi, seguendo un sentiero che solo lui poteva vedere, piccoli segni che aveva imparato a riconoscere.
Esternamente l’edificio era avvolto da rampicanti, quasi come se la natura volesse fagocitarla. L’interno era ben tenuto, e lei sentì qualcosa. C’era stato amore in quei luoghi, molto amore, e tranquillità.
Lui la guardava muoversi tra le stanze, leggiadra vanessa che si muoveva di fiore in fiore, come se fosse quello il suo luogo. Solo per una porta le chiese di avere rispetto, di non violare quel luogo sacro e, nel corridoio dove quella stanza giaceva, lei sentì dolore.
«Cos’è accaduto qui?»
«Nulla, qui. Solo consapevolezza.»
«Chi siete voi?»
«Chi sei tu, invece, piccola strega? Sì, lo so. Con me non devi temere di essere te stessa.»
«Mia madre mi lasciò sulla porta del guaritore che mi adottò. Nonostante il mio stato di orfana, io ho sempre avuto attenzioni non volute, fu una di queste a farmi capire…»
Le prese una ciocca di capelli e se la fece scorrere tra le dita. «Non me ne stupisco. Delle attenzioni, intendo.» I suoi occhi erano dolci, nessuno l’aveva mai guardata a quel modo.
«E voi, invece?»
«Un abominio. Non dovrei neanche avvicinarmi a una purezza come la tua.» Lasciò andare i capelli e si allontanò.
Lei ebbe l’impressione che lui avesse paura di sfiorarla, come se avesse potuto farle del male con una carezza. Lei si avvicinò e gli toccò il volto. «Non dovrei deciderlo io?»
«Sono il figlio del peccato.»
«Io neanche lo so di chi sono figlia.»
«È proprio per questo che sei pura. Commetterei il sacrilegio di…» Lei gli premette un dito sulle labbra, prima di appoggiarci le sue.
«Non si torna indietro» le disse con un sussurro.
«Non ho mai pensato di tornarci.» Era attratta da quel ragazzo di cui neanche conosceva il nome. Il suo istinto non l’aveva mai tradita, la sua percezione sovrannaturale le permetteva di sentire il legame che esisteva tra loro due. Non aveva bisogno di sapere altro per lasciarsi andare.
Si amarono, negli stessi luoghi in cui i genitori di lui tanto si erano amati, con la stessa passione e foga di chi si aspetta per tanto tempo.
L’alba arrivò e molte altre le succedettero, impararono a vivere insieme, lei non tornò più al villaggio. Trovò a pochi passi da casa ciò che sentiva esistere lontano da essa. Certe sere, tuttavia, lui spariva e la fiducia chiedeva di essere ricambiata con la verità. Timoroso, lui la portò nei luoghi che tanto gli avevano fatto male. In mezzo agli alberi, tra le fronde alte e oscure, una zona di terreno era completamente sterile, neanche l’erba vi cresceva.
«Qui il sangue di mia madre ha contaminato la terra, rendendola incapace di generare altra vita. Qui si è perpetrato uno dei crimini più atroci, uccisa per mano di chi l’aveva generata. Nello stesso momento, mio padre, il principe rinnegato dei lupi, morì per mano del fratello di mio nonno in quei luoghi, lontano dall’amata donna per cui tanto si era battuto. Vampiro e licantropo, io non sono né uno né l’altro. Mia sorella morì che neanche aveva visto la luce.»
«Era di questo che avevi paura.»
Il lupo non la guardò in faccia, ma sentiva gli occhi di lei perforarlo. «Ora andrai via, è normale.»
«Perché? Non cambia ciò che sei, perché lo sei sempre stato, e non esiste luogo che non possa essere purificato.» Si abbassò a sfiorare la terra, l’accarezzò come un amico sincero. Quando levò la mano, un piccolo fiore era sbocciato. «Se questi luoghi ti evocano tanto dolore, andiamo via.»
«Non è per me che ho paura, ma per te. Se si scoprisse chi sono, saresti in pericolo.»
«Basta non fermarsi mai. Partiamo, insieme. Questo luogo rimarrà come una casa in cui tornare, sarà protetto dallo stesso spirito che ci ha difeso in questi anni.»
Così nacque la leggenda della fata bianca accompagnata dal fedele lupo, ovunque andassero portavano serenità, che essa fosse il sollievo della guarigione o la pace nel passare oltre, e anche se stavano per arrivare giorni bui, avrebbero lottato per sempre insieme.
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