Punti di Vista

La porta

Fantastico

Bentornati all’appuntamento bisettimanale!

In questa rubrica io, Alice Jane Raynor e Omnilegent ci mettiamo alla prova scrivendo un componimento partendo da uno stesso tema.

Il tema di oggi è:

Scegliere una favola, decidere un personaggio e dargli un background. In sostanza, raccontare una fiaba dal punto di vista di un non protagonista.

(Spero non sia un problema, ho preso spunto dal racconto Occhibelli di Briciola nel latte) 

La porta

Lo aveva trovato abbandonato nella foresta. Non era di certo quello che si sarebbe potuto chiamare un bel bambino, ma se lo avesse educato alle buone maniere, allora la bruttezza sarebbe passata in secondo piano. Poi, chi poteva dirlo? Magari da grande sarebbe stato bello lo stesso. Che cuore avevano avuto gli umani per abbandonarlo così, nel bosco e preda di animali selvaggi? La fata dalle ali azzurre se lo portò via. Una casetta nella collina, straripante di oggetti che negli anni gli umani le avevano offerto. Lei non se ne faceva niente di oro e argento, ma non aveva cuore di rifiutare doni tanto sentiti. E lei ricambiava facendo fiorire prati appassiti e proteggendo il latte dai dispettosi folletti. Le fate nascevano dai fiori e, a differenza degli umani, non avevano genitori. Non sapeva come, ma si sarebbe occupata di lui.

Gli anni passarono e il bambino cresceva lontano dalla civiltà, ma agognando di stare tra i propri simili. La fata, conscia che prima o poi avrebbe dovuto lasciarlo andare, sfruttò l’oro per creare una piccola fortuna al suo bambino. Lo educò alla finanza, perché era con quella che avrebbe vissuto, gli insegnò le buone maniere e a essere educato. Il bambino si inoltrò gradualmente nella società. A scuola conobbe persone e si circondò di amici. Con una in particolare scoprì l’amore. Lei voleva così tanto conoscere i genitori di un bambino così educato, ma il bambino, ormai ragazzo, sapeva che la gente temeva il piccolo popolo e si rifiutò sempre di presentarla.

Il ragazzo si fece uomo e la natura incantata in cui era sempre vissuto si manifestò. Fece di tutto per nasconderla e, accompagnato da una donna tanto bella e dolce, visse nelle ricchezze di sua madre. Ma le malelingue parlavano e i pettegolezzi erano lame taglienti: dove andava il marito ogni sera, al tramonto? Aveva forse un’altra donna? Così lo seguì e scoprì la verità. Vide la madre dell’uomo e temette di aver sposato il diavolo. Tale bontà d’animo mal si legava a un tale aspetto, le avevano sempre detto e avevano ragione. Tornò a casa e affrontò il marito, la litigata fu furiosa, talmente accesa da richiamare la madre dell’uomo e i vicini di casa. Scoperto l’oscuro segreto, la piccola folla si aizzò sulla gracile fata e la uccise. Gli amici divennero nemici e si rivolsero all’uomo, ma non ebbero la stessa fortuna. Possente come un albero, uccise i presenti, compresa la moglie che lo accusava di essere figlio del demonio.

Non poteva credere a cosa avesse fatto. Si era solo difeso, sarebbe andato tutto bene se la moglie non fosse stata curiosa. Si guardò allo specchio. Le dolci premure della madre non erano servite, i modi e i bei regali erano inutili agli occhi di chi diffida. Se per il solo aspetto era stato etichettato come mostro, allora un mostro sarebbe stato. Non poteva definirsi mago, ma qualche incantesimo lo conosceva. Fermò il tempo nella stanza che aveva visto il massacro e la incantò in modo che sapesse sempre se qualcuno l’avesse aperta. Il desiderio di avere al suo fianco qualcuno che lo accettasse per quel che era davvero non si affievolì ma arse come il fuoco alimentato dal vento.

Smise di dipingersi la barba, lasciandola crescere. Aveva preso il colore delle ali della madre: da quel giorno, lo chiamarono Barbablù.


Me lo sono sempre chiesta: ma la prima delle sette mogli, cosa aveva visto all’interno della stanza? Dove l’aveva presa Barbablù una chiave simile?

Vi è piaciuto il racconto? A me piacciono molto le rivisitazioni delle favole, ormai sono strausate, ma non posso farci nulla!

Alice Jane Raynor

Omnilegent


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