Raynor’s Hall

Era una notte buia e tempestosa

Horror

Il racconto ha partecipato all’iniziativa del Raynor’s Hall. Rispetto a quella versione (che potete trovare qui), è stato revisionato.

Tema: Finlandia

Finlandia

Il cielo era così scuro da sembrare notte, le luci della scuola era state accese la mattina e le avevano lasciate per i ragazzi del recupero del pomeriggio.

Era una notte buia e tempestosa, pensò Clara guardando fuori dalla finestra. Peccato non sia notte, ma primo pomeriggio.

Si soffermò a guardare la cartina in classe. Sul poster gigantesco in aula era raffigurata l’Europa politica. Orribile, che colori tremendi.

«Clara, gli altri sono in ritardo?» Daniel entrò in classe e si sedette in un banco vicino al suo.

«No,» rispose «sono andati al bar a prendere qualcosa. Io uscirò da quest’aula solo per tornare a casa. Una doccia sola mi basta e avanza.»

«Io tornerei a casa anche ora… avrebbero potuto pure rimandare per oggi, no?»

Clara stava per rispondergli, quando un tuono più forte fece saltare la corrente. Odiava il temporale, aveva una paura infantile dei fulmini che la mettevano in forte agitazione.

«Bah! Pure questa! È talmente buio che non leggo manco la lavagna!» esclamò Daniel buttandosi a peso morto sul banco.

«Ma questo silenzio è normale?» chiese Clara.

Quasi trattennero il fiato per riuscire a sentire il minimo rumore. Si alzarono aspettando un rumore, un tramestio, un qualcosa che non arrivò. Si diressero verso la porta e l’aprirono. Si sporsero: niente e nessuno.

«Le bidelle dove sono?»

Clara scosse la testa. Con la coda dell’occhio le sembrò di vedere un movimento; quando si voltò, non c’era nulla. Si chiese se i suoi compagni di classe non le stessero facendo uno scherzo: la stramba e il nuovo arrivato, bella accoppiata.

«Forse sono andate a riaccendere le luci?» azzardò la ragazza.

«Tutte quante?»

Daniel uscì dall’aula, diretto verso lo stanzino delle bidelle sperando di trovarci qualcuno.

«Nulla nemmeno qui.»

Clara iniziava ad avere freddo, ma non capiva se fosse per il tempaccio o solo suggestione. Per la stessa ragione, iniziò a notare movimenti ovunque.

«Daniel, io me ne frego del recupero. Ho freddo, la prof non arriva e sono stanca. Chissà, magari siamo vittime di uno scherzo e io non ci sto, andiamo a casa?»

Daniel annuì, e tornarono indietro verso la classe. Prese il cellulare per chiamare sua madre, ma ciò che ricevette fu solo un “numero non esistente”.

«Numero non esistente? Che vuol dire?»

«Cosa fai?»

«Chiamo casa. Ma non rispondono. Cioè, in realtà mi dice che non esiste.»

«In Finlandia c’è un telefono.»

«Finlandia

Clara si scordava spesso che Daniel fosse nuovo della scuola, forse per questo era l’unico con cui andasse davvero d’accordo.

«L’ufficio del preside. È talmente freddo che lo chiamano Finlandia

«Perché non Russia? O Islanda? O Polo Nord? Sono posti più freddi.»

Clara rise. Nessuno si era mai posto la domanda. «Non lo so, forse stavano studiando la Finlandia quando gli diedero il soprannome?»

L’ufficio si trovava in una stanza molto piccola. Il telefono era in bella vista, proprio al centro della scrivania.

«Perché non siamo andati in segreteria?»

«Perché è al piano di sotto.»

«Giusto. Al piano… di sotto?» Il ragazzo la guardò e corse fuori, diretto verso le scale, con la ragazza al seguito. «Le… scale. Dove sono le scale?»

Clara iniziava a essere stanca di quella situazione. Forse Daniel neanche c’era, forse le scale erano lì ma lei non le vedeva. I movimenti si fecero più vivaci, diventavano distorsioni… i suoi compagni erano stati crudeli, l’avevano rinchiusa a scuola, forse avevano anche detto alle bidelle che le aule erano vuote e loro avevano chiuso tutto e ora la sua mente interpretava così e…

Un tuono fece urlare Clara che corse giù per il corridoio. Daniel provò a inseguirla, ma la perse di vista, iniziò a cercarla stanza per stanza, iniziando dalla loro aula. Quando aprì la porta, vide delle scritte sulla lavagna.

Paura.

Leggende.

FUCK.

Prova di coraggio.

I muri imbrattati di scritte, di anni, di nomi… Gli zaini, spariti. Arretrò fino a sbattere contro le finestre dietro e guardò fuori. I vetri oscurati, rotti in certi punti, l’edificio dall’altra parte in rovina.

«Clara! Clara, dove sei?»

«Hai sentito?»

Daniel si guardò intorno ma non vide nessuno.

«… si dice siano stati chiusi nella scuola per sbaglio. Clara si convinse di essere maledetta. Non ci stava con la testa hanno detto così dopo, povera ragazza. Traumi pesanti, ma Daniel era dolce con lei, gentile. Così li chiusero dentro. Durante la notte lei si gettò dal terzo piano di testa.»

Daniel vide attraverso il vetro una figura cadere. Clara. La sua Clara.

«Ma la storia dice altro» disse una terza voce.

«Certo. Si dice che durante il temporale i due rivivano la stessa sorte, bloccati in un ciclo infinito, ma non è una maledizione, bensì un modo che avrebbe Daniel di salvarla.»

«Non credo di aver capito.»

«Si dice che Daniel sia uscito di corsa dalla scuola dove trovò un demone con il quale strinse un patto. Per il demone sarebbe stati divertenti i tentativi di Daniel di salvare Clara. Se per una sola volta, ci fosse riuscito, l’anima condannata della suicida avrebbe trovato la pace.»

«C’è riuscito?»

«Hai sentito prima, no? Finché lui la chiamerà, sapremo che non c’è riuscito.»

Ora ricordava, ora sapeva. Vide tre fantasmi muoversi e vide la scuola ricostruirsi.

Ma il demone si era scordato di dirgli una cosa: che dimenticava ogni volta. Daniel non sapeva che doveva fermarla quando scappava in quel modo. Ogni volta era diverso, ogni volta sapeva che doveva tenerla vicina, ma non ci era ancora riuscito. Avrebbe aspettato il temporale successivo.

***

Il cielo era così scuro da sembrare notte, le luci della scuola era state accese la mattina e le avevano lasciate per i ragazzi del recupero del pomeriggio…


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2 commenti

    • Sì, non so esattamente a cosa stessi pensando quando ho scritto questo racconto… Ricordo solo che fu difficile causa tema che venne sorteggiato xD

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